Il Grande Progetto Pompei (varato nel 2015 e coordinato dal prof. Massimo Osanna) si sta rivelando sempre più come un grande laboratorio multidisciplinare di gestione della complessità. Si tratta di una occasione (oggi ancora rara) per definire il ruolo del progetto in relazione all’archeologia, nonché il ruolo del nuovo nell’antico. La tensione verso il progetto nell’archeologia implica muoversi su due fronti: quello della lettura critica dei resti archeologici e quello della nuova costruzione nell’antico. Appropriarsi del rudere è un itinerario complesso di conoscenza che ha come obiettivo un progetto coerente con gli strati, con le sequenze temporali, rendendo visibili anche gli interventi di restauro svolti in passato. Il progetto diventa quindi una sorta di racconto che fa intravvedere l’intero senza ricostruirlo, evidenziando le virtualità del rudere così come è giunto fino a noi. Si tratta di un metodo particolare, anche privilegiato, un’opportunità per interrogare i luoghi, conoscerli, cogliendone le misure, le proporzioni, il cammino, il passo, il ritmo del paesaggio, cogliendone anche le interruzioni, le incoerenze, i cambi di orientazione, i vuoti. I progetti qui presentati sono il risultato di un lavoro di ricerca multidisciplinare (ancora in corso) svolto grazie ad un Protocollo di collaborazione scientifica tra il Parco Archeologico di Pompei e il Politecnico di Milano (Responsabile e coordinatore scientifico Luisa Ferro).

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